
Cartello trilingue rimosso. I cividalesi e i valligiani soddisfatti: “sloveno lingua straniera che non ci appartiene”
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La recente rimozione dei cartelli trilingui (italiano, friulano e sloveno) dalla stazione ferroviaria di Cividale del Friuli ha suscitato la prevedibile reazione dell’ARLeF, l’Agenzia Regionale per la Lingua Friulana. Il presidente Eros Cisilino ha definito l’atto “gravissimo”, lamentando la mancanza di preavviso da parte di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) e invocando la violazione dei diritti linguistici.
Una protesta attesa: l’ARLeF difende il proprio ruolo
Secondo Cisilino, la rimozione dei cartelli sarebbe un gesto ostile verso la lingua friulana. Tuttavia, in molti si interrogano sulla reale portata dell’evento, osservando come la protesta dell’ARLeF sembri più legata alla necessità di giustificare la propria esistenza istituzionale che a un sentimento diffuso tra i cittadini. Difendere il friulano è il mestiere dell’agenzia, e ogni intervento che ne mette in discussione l’utilità diventa terreno di battaglia obbligato.
Cividale risponde: “Ci sentiamo italiani e friulani, senza bisogno di trilinguismo”
La reazione dei cittadini cividalesi è stata ben diversa. Sui social, in molti hanno espresso apprezzamento per la decisione di lasciare i cartelli solo in lingua italiana. Non come rifiuto della friulanità, bensì come espressione di un’identità italiana forte e serena, vissuta in armonia con le radici locali. Per molti, la friulanità non ha bisogno di forzature linguistiche imposte dall’alto, ma vive naturalmente nell’identità quotidiana.
Grazie a Trenitalia: la voce delle Valli del Natisone e del Torre
Ancora più netta la posizione degli abitanti delle Valli del Natisone, del Torre e della stessa Cividale, che hanno accolto con favore la rimozione del riferimento alla lingua slovena. In tanti ringraziano Trenitalia per aver posto fine a quella che viene considerata un’imposizione storica. Gli abitanti delle valli ricordano infatti che, sebbene si parlino varietà linguistiche di ceppo slavo – come il “po nasen” e la lingua “natisoniana” – queste non sono sloveno e non si identificano nella cultura slovena ufficiale. L’inserimento dello sloveno nei cartelli è stato vissuto da molti come un’imposizione, estranea al contesto e alla storia locale.
Una questione di identità, non di simboli
Mentre l’ARLeF lancia appelli al Quirinale e invoca l’articolo 6 della Costituzione, sul territorio si respira un clima diverso: non c’è rifiuto della friulanità, ma anzi una sua piena integrazione con l’identità italiana. Per molti, il vero rispetto della lingua friulana passa dalla libertà delle comunità locali di esprimersi senza imposizioni, e non dalla presenza simbolica di cartelli multilingue spesso percepiti come distanti dalla realtà vissuta.