La stampa processa il morto. E la compagna accusata dell’omicidio viene già scarcerata

Condividi su:

Alessandro Venier è stato ucciso, fatto a pezzi, e chiuso in un bidone con la calce. Ma la sua vera condanna sembra essere arrivata dopo la morte: quella della stampa. Mentre la madre e la compagna sono indagate per aver pianificato ed eseguito il suo omicidio, il bersaglio principale del racconto mediatico è diventato lui.

Chi ha subito la violenza più atroce viene raccontato come ambiguo, pericoloso, forse colpevole di qualcosa. E chi l’ha ucciso – almeno secondo l’accusa – riceve attenzione protettiva, attenuanti, premure. In questo paradosso narrativo, la vittima finisce sotto processo, l’accusata torna libera.

Il delitto: premeditato, eseguito, nascosto

Secondo gli inquirenti, Mailyn Castro Monsalvo – compagna della vittima – e Lorena Venier – madre – avrebbero pianificato l’omicidio nei giorni precedenti alla partenza di Alessandro per la Colombia. Le due donne avrebbero tentato di narcotizzarlo con una limonata drogata. Non riuscendoci, Lorena – infermiera – gli avrebbe iniettato insulina per indebolirlo ulteriormente. A quel punto sarebbe iniziata una lunga e crudele fase di soffocamento: prima a mani nude, poi con un laccio.

Il corpo è stato smembrato in tre parti e nascosto in un bidone, poi ricoperto con calce viva, acquistata online nei giorni precedenti. Tutto questo mentre in casa era presente anche la figlia neonata della vittima.

Una legge per le madri. Anche per quelle accusate di omicidio

Eppure, a due giorni dal ritrovamento del cadavere, una delle due accusate è già stata scarcerata. Mailyn, madre della bambina, potrà scontare la misura in una struttura protetta, grazie alla legge sulla custodia attenuata per madri detenute con figli sotto l’anno di età, in vigore dall’aprile 2025.

È una norma nata per evitare traumi nei bambini piccoli. Ma qui la situazione è estrema: la madre è accusata dell’omicidio del padre della bambina, con tutte le aggravanti del caso (vincolo familiare, presenza di minore, vilipendio di cadavere). Nonostante ciò, potrà tornare a prendersi cura della figlia.

Il ribaltamento: chi ha ucciso, protetto. Chi è morto, esposto

Nel frattempo, la stampa ha concentrato l’attenzione quasi esclusivamente su Alessandro Venier. Sono emerse “notizie” su presunte denunce passate, una condanna in arrivo, attività discutibili. Si cita un cumulo di pene per piccoli reati, senza documenti, né contesto. Non si dice se la condanna fosse definitiva, su quali fatti si basasse, se fosse mai stata impugnata.

E anche se fosse: è lecito mettere sul banco degli imputati chi è stato ucciso?

Una denuncia non è una colpa. Una condanna non è una sentenza di morte. Il fatto che Alessandro Venier potesse avere lati controversi non cambia la realtà: è stato assassinato nella sua casa, da chi condivideva con lui la quotidianità e gli affetti. E la narrazione pubblica non ha alcun diritto di trasformarlo nel colpevole della sua stessa fine.

Nessuna vivisezione per chi è viva

Del passato di Mailyn Castro Monsalvo, invece, nessuna traccia. Nessuna indagine giornalistica, nessuna ricostruzione. Nessuna domanda. Tutta l’attenzione è rivolta al suo malessere, alla sua confusione, alla sua maternità. Non alla sua responsabilità.

Anzi, il sistema sembra essersi subito attivato per proteggerla, applicando una norma con una tempestività che in altri casi è rara. Il messaggio, implicito ma evidente, è questo: chi è madre merita comprensione. Anche se è accusata di omicidio premeditato.

Il rischio: riscrivere la storia dalla parte sbagliata

La giustizia farà il suo corso. Ma nel frattempo, la narrazione pubblica – quella che resterà impressa più di ogni atto processuale – si sta già costruendo a parti rovesciate. Il morto sotto accusa, la sopravvissuta tutelata.
Una narrazione che non rispecchia la realtà, ma la orienta. E che rischia di farci dimenticare chi è la vittima, e chi l’ha fatta a pezzi.

Condividi questa pagina su:
Redazione
Redazione

Nato da un'intuizione del dott. Stefano Salmè, il Giornale del Friuli si pone la missione di valorizzare la storia bimillenaria del Friuli e, nel contempo, raccontare la contemporaneità con un'informazione libera e controcorrente. Stefano Salmè è iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2002 e si è laureato con lode in Storia, all'Università di Trieste, con una tesi sul Risorgimento friulano.

Articoli: 110