Udine, maxi sequestro di droga: arrestato 27enne “italiano di seconda generazione”

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La scena si è svolta in un appartamento di via Manzini a Udine, ma il suo significato va ben oltre le quattro mura di una palazzina: dieci chilogrammi di hashish e mezzo chilo di cocaina nascosti ovunque, sotto il letto, nell’armadio, perfino in frigorifero. La polizia, guidata dal fiuto infallibile di un cane antidroga, ha portato alla luce l’ennesimo caso di spaccio che avvelena la città. In manette è finito un 27enne italiano di seconda generazione, arrestato con l’accusa di detenzione e traffico di stupefacenti.

I cittadini avevano ragione

Il blitz di venerdì scorso non nasce dal nulla: da mesi i residenti di viale Ungheria, via Bertaldia e dintorni denunciavano senza sosta la situazione ormai insostenibile del quartiere. Spaccio a tutte le ore, degrado, microcriminalità. Inascoltati per troppo tempo, i cittadini hanno deciso di organizzarsi in comitato, pretendendo interventi immediati. E alla fine i fatti hanno dato loro ragione: proprio nel cuore del Parco Martiri delle Foibe, area da loro segnalata come epicentro dello smercio, gli agenti hanno seguito il giovane sospetto fino alla scoperta dell’ingente quantitativo di droga.

Una città sotto pressione

Ma il problema non è circoscritto a un singolo arresto. Udine, oggi, si trova a vivere una situazione definita da molti una “mission impossible”: circa 1500 clandestini stimati sul territorio, 1200 richiedenti asilo, quasi 200 minori stranieri non accompagnati. A ciò si aggiunge una sfida ancora più complessa, quella degli italiani di prima e seconda generazione, spesso provenienti da famiglie di culture e nazionalità diversissime dalla nostra.

Se l’ideologia del melting pot, abbracciata da certa alta borghesia con Rolex al polso e lontana anni luce dai problemi reali dei quartieri popolari, prometteva integrazione e arricchimento culturale, la realtà dei fatti è ben diversa. Il costo sociale ed economico di questo esperimento fallito viene pagato non da chi brinda nei salotti radical-chic, ma dal popolo: dai cittadini che abitano le zone degradate, dalle famiglie che temono per la sicurezza dei figli, dai commercianti che vedono i loro negozi svuotarsi.

L’odio per l’Italia e la propensione a delinquere

Molti di questi “nuovi italiani” non solo rifiutano di integrarsi, ma arrivano ad esprimere un vero e proprio disprezzo nei confronti dell’Italia, dei suoi valori, delle sue leggi. Un sentimento che si traduce in una propensione altissima a delinquere, come dimostrano i dati di cronaca e, in questo caso, l’arresto di un giovane di seconda generazione trovato con una quantità di droga tale da rifornire un intero mercato cittadino.

La politica dell’illusione

Il mito del melting pot, alimentato da una narrativa buonista che ha sempre guardato dall’alto in basso chi osava denunciare i problemi dell’immigrazione, si sta sgretolando di fronte all’evidenza. Udine è oggi l’esempio lampante di come questa ideologia, importata e cavalcata dalle élite, si traduca nella realtà in conflitto sociale, degrado e insicurezza.

La domanda che si pongono i cittadini è semplice: fino a quando si continuerà a sacrificare la sicurezza del popolo in nome di un progetto che si è già rivelato fallimentare?

N.B. (L’immagine che accompagna questo articolo è generata artificialmente ed è usata a scopo puramente illustrativo)

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Nato da un'intuizione del dott. Stefano Salmè, il Giornale del Friuli si pone la missione di valorizzare la storia bimillenaria del Friuli e, nel contempo, raccontare la contemporaneità con un'informazione libera e controcorrente. Stefano Salmè è iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2002 e si è laureato con lode in Storia, all'Università di Trieste, con una tesi sul Risorgimento friulano.

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