
Da Caporetto alla Vittoria passando per il Piave
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La Grande Guerra fu combattuta dalla grande maggioranza dei membri del Regio esercito e della Regia marina con determinazione e convinzione, come riconoscono anche studi recenti e totalmente estranei alla retorica od all’ideologia nazionalista, quale ‘Il Piave’ di Fortunato Minniti (Bologna, Il Mulino, 2015).
Un celebre episodio del 1 novembre 1917, riportato da Paolo Caccia Dominioni. “1915 – 1919 diario di guerra” (Mursia 1999) bene mostra la spontanea, collettiva reazione dei militari e dei civili dopo la disfatta di Caporetto, quando quasi tutti gli sbandati ed i soldati in licenza rapidamente tornarono al fronte, rafforzati dall’afflusso di volontari.
«Al centro dell’argine, davanti a noi si delineano due ombre smisurate, vengono avanti a buona andatura, due spettri silenziosi grandi come cipressi, grigi… né, avvicinandosi, al cessare del gioco ottico provocato dalla nebbia e dall’oscurità crescente, quelle stature riprendono le dimensioni normali: sono davvero alti quasi due metri, pressoché identici tra loro, il padre contadino e il figlio caporale dei Granatieri. […]
Il giovanotto era arrivato da pochi giorni a casa, con quindici giorni di licenza, quando alla cascina sono arrivate vaghe e incontrollate le prime notizie… Il caporale prosegue: “el vecio qua, digo, ch’el xe stà granatier anca lu, el ga l’idea che rivemo a Portogruaro, per saver”. Rincalza il padre: “el bravo soldà quando che le cosse le va a ramengo, el sa cossa ch’el ga de far”. E il figlio precisa: “el zerca la brigata, digo, per star co’i altri”.
Il caporale poteva dunque fermarsi a casa, a posto con la coscienza, munito di una carta timbrata che lo autorizzava a non muoversi per altri undici o dodici giorni. Poteva starsene tranquillo, […] Invece no, il caporale si rimette la divisa con gli alamari di Sardegna e va a cercare la brigata, perché quello, nell’incalzare della mal’ora è il posto suo.
Gli diciamo che vada a Portogruaro e che non avrà molto da aspettare. La brigata sta coprendo la III armata in ripiegamento, estrema retroguardia, e ha bisogno di uomini come lui.
“Ostia madona”, dice il vecchio, calmo […] “Can de l’ostia”, fa eco il figlio, anche lui impassibile, “torné indrio, pare” “Mi no che no torno indrio”. I due ripartono senza scomporsi, silenziosi. […] Questi due giganti del fisico e dell’animo possiedono una provvista d’onore».
Prof. Marco Vigna


