La montagna friulana non è un cartone animato. Branco di lupi fa strage di pecore

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Il recente episodio avvenuto nella zona di Teglara, dove un branco di lupi ha attaccato e ucciso una quarantina di animali da allevamento in pieno giorno, riporta brutalmente l’attenzione su una realtà tanto naturale quanto rimossa dal nostro immaginario collettivo: quella della predazione. Non è solo una notizia di cronaca, ma uno squarcio su un conflitto profondo tra la natura e la narrazione che ne facciamo.

Viviamo in un’epoca in cui gli animali vengono spesso umanizzati, elevati a protagonisti di un immaginario favolistico ereditato soprattutto dai cartoni animati di Walt Disney. Il lupo non è più il feroce antagonista della favola, ma il nobile incompreso, il randagio con occhi pieni di saggezza e sofferenza, spesso più buono degli umani. Al contrario, la pecora, emblema di mansuetudine e innocenza, è la vittima sacrificale, il simbolo della purezza minacciata. In questa dialettica, l’uomo — allevatore o pastore — si trasforma nel cattivo della storia, colpevole di invadere “l’habitat naturale” dei predatori.

Tuttavia, la cronaca friulana ci restituisce la crudezza del mondo reale, dove il lupo è un lupo, e non un Robin Hood peloso. Dove la pecora è cibo, non una creatura poetica. Dove l’asina uccisa e il suo piccolo ferito non sono solo dettagli tristi, ma il segnale che qualcosa si è rotto nel fragile equilibrio tra convivenza e conflitto.

La cultura animalista più radicale, spinta da un’ideologia che spesso rifiuta ogni distinzione tra uomo e animale, dimentica che la natura non è giusta: è semplicemente indifferente. Umanizzare gli animali non li rende più simili a noi; piuttosto, ci allontana dalla comprensione del loro reale comportamento, e dalle responsabilità gestionali che spettano all’uomo in un territorio condiviso.

E qui torna potente il proverbio popolare: “Se ti fai pecora, il lupo ti sbrana.” Non è solo una lezione di sopravvivenza, ma anche una metafora di vita. Chi rinuncia a difendersi, chi si mostra remissivo, chi non si fa rispettare, inevitabilmente attira su di sé l’aggressività dell’altro. Il detto contiene una saggezza antica che oggi viene spesso ignorata in nome di un buonismo diffuso: la difesa è necessaria, anche e soprattutto in natura.

Il sindaco Bidoli ha invocato provvedimenti. E ha ragione: le incursioni sono in aumento, e il rischio non è solo economico per gli allevatori, ma anche simbolico per una civiltà che rischia di dimenticare cosa significhi custodire un territorio.

Nella fiaba disneyana il lupo può diventare vegetariano, il leone amico della gazzella, l’orso ballerino e saggio. Ma la montagna friulana non è un cartone animato, e le pecore non sono attori. Qui, il lupo caccia, l’asina muore, e l’uomo — se non vuole farsi sbranare — deve smettere di farsi pecora.

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Redazione
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Nato da un'intuizione del dott. Stefano Salmè, il Giornale del Friuli si pone la missione di valorizzare la storia bimillenaria del Friuli e, nel contempo, raccontare la contemporaneità con un'informazione libera e controcorrente. Stefano Salmè è iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2002 e si è laureato con lode in Storia, all'Università di Trieste, con una tesi sul Risorgimento friulano.

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