Omicidio di Gemona: l’imputata ‘fragile’ non risponde, il pm comprende lo stato d’animo e rinvia

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A un mese e mezzo dal brutale omicidio di Alessandro Venier, fatto a pezzi a Gemona lo scorso 25 luglio, una delle due imputate decide di non farsi interrogare. E il paradosso? Il pubblico ministero accetta senza battere ciglio. È la vicenda che coinvolge Maylin Castro Monsalvo, compagna della vittima, accusata di omicidio premeditato insieme alla madre del giovane, Lorena Venier.

Questa mattina, infatti, era previsto un nuovo interrogatorio da parte del sostituto procuratore Giorgio Milillo. Ma la donna, tramite i suoi legali, ha fatto sapere che si sarebbe avvalsa della facoltà di non rispondere. Nessuna pressione, nessuna insistenza: tutto rimandato a data da destinarsi.

Intanto, la situazione di Maylin si è notevolmente alleggerita. Grazie a una legge ad hoc, riservata esclusivamente alle madri di bambini piccoli, la donna ha lasciato il carcere e oggi si trova a Venezia, nell’Istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM) dell’isola della Giudecca. Qui, come raccontano le stesse relazioni ufficiali, la realtà è ben diversa da quella di una cella comune:

“La sezione ICAM si sviluppa su due piani, dove il secondo ospita le sei stanze doppie (ma la presenza di letti inutilizzati è in realtà maggiore), ampie e pulite, tutte con bidet e vasca da bagno per poter lavare i bambini.”

Un quadro che stride con l’accusa di aver preso parte a un delitto efferato, organizzato e consumato con modalità che hanno sconvolto l’opinione pubblica.

La difesa insiste: “Abbiamo comunicato da settimane alla Procura – spiega l’avvocato Federica Tosel – che la nostra assistita avrebbe scelto di non rispondere. Non volevamo costi inutili di trasferte, avevamo anche proposto un collegamento in videochiamata. Ci è stato detto che l’interrogatorio sarà riprogrammato.”

Ma la domanda rimane, inevitabile e polemica: se le parti fossero invertite, se a cadere a pezzi fosse stata una donna, uccisa dal compagno, ci sarebbe stata la stessa comprensione? Sarebbe stato tutto accettato con questa sorprendente arrendevolezza? O, detto più chiaramente: se fosse stato un “femminicidio”, la reazione della giustizia sarebbe stata la stessa?

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Nato da un'intuizione del dott. Stefano Salmè, il Giornale del Friuli si pone la missione di valorizzare la storia bimillenaria del Friuli e, nel contempo, raccontare la contemporaneità con un'informazione libera e controcorrente. Stefano Salmè è iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2002 e si è laureato con lode in Storia, all'Università di Trieste, con una tesi sul Risorgimento friulano.

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