
Quando fa comodo è un eroe: il doppio standard dei media mainstream sui minori stranieri
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Due episodi, due giovani egiziani, due storie molto diverse — ma raccontate dai media in maniera altrettanto diversa. Da un lato Ahmed, 17 anni, acclamato come eroe per aver salvato un uomo in pericolo nelle acque del Lago dei Tre Comuni. Dall’altro, un 15enne coinvolto in un grave episodio di violenza, praticamente passato sotto silenzio.
Lo scorso 15 giugno, Ahmed si trovava con altri coetanei, ospiti della Casa dell’Immacolata, quando ha sentito le grida di aiuto provenire dal lago. Senza esitare, si è tuffato e ha raggiunto un turista straniero in difficoltà, trascinandolo a riva. Per questo gesto di coraggio, oggi ha ricevuto una medaglia e una pergamena in una cerimonia pubblica. Il direttore della struttura, Giorgio Conconi, ha sottolineato il valore dell’azione compiuta: “Un esempio di alto spirito altruistico e spregio del pericolo”.
Ahmed è stato celebrato sui media, con titoli enfatici e servizi dedicati alla sua storia. Un riconoscimento meritato, certo, ma che stride con il silenzio calato su un altro episodio che coinvolge un minore egiziano.
Solo pochi giorni fa, a Cervignano, in una struttura per minori non accompagnati gestita dalla Oikos, un 15enne egiziano ha accoltellato al braccio un coetaneo iraniano di 17 anni, al culmine di una lite. La vittima è stata trasportata all’ospedale di Udine con una ferita fortunatamente lieve. L’episodio, su cui indagano i carabinieri, è stato liquidato con poche righe nelle cronache locali, senza approfondimenti, senza riflessioni sul contesto o sul disagio vissuto da questi ragazzi.
La discrepanza tra la visibilità data ai due casi pone interrogativi. Se da un lato è giusto valorizzare gesti positivi come quello di Ahmed, dall’altro la rimozione quasi automatica di episodi problematici rischia di offrire una narrazione monca, che semplifica una realtà complessa.
Il sistema dell’accoglienza e dell’integrazione dei minori stranieri non accompagnati è fatto di luci e ombre, di storie di successo e di tensioni mai risolte. Raccontarle tutte — nel bene e nel male — è un dovere, non solo per fare informazione, ma anche per costruire una comprensione più profonda e autentica di una realtà che coinvolge l’intera comunità.