
Staycation: la nuova moda voluta dalle èlite e propagandata dai media mainstream
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“Restare a casa è il nuovo lusso”. Così, tra le righe e con un sorriso patinato, ci raccontano l’ennesima tendenza “green” e “consapevole”: la staycation. Una parola fresca di marketing, nata dall’incrocio di stay (restare) e vacation (vacanza), che in realtà suona come un invito obbligato a fare di meno, viaggiare di meno, desiderare di meno.
Non è una novità. Già dopo la crisi del 2008 il concetto aveva preso piede: ferie passate tra le mura domestiche o, al massimo, a qualche chilometro di distanza. Oggi, con salari reali italiani più bassi di trent’anni fa e un costo della vita sempre più alto, il fenomeno ritorna. E viene raccontato come scelta “consapevole”, “no stress”, “a chilometro zero”. Ma dietro la patina di benessere e sostenibilità si intravede un copione ben più cinico.
Il messaggio subliminale è chiaro: per il bene dell’ambiente, tu cittadino comune, rinuncia a viaggiare. Niente aerei, niente crociere, niente tour intercontinentali. Goditi il barbecue in giardino e la gita al parco locale. Intanto, chi detta queste mode – le élite politiche, economiche e mediatiche – continuerà a spostarsi in jet privato, a navigare su yacht di 80 metri, a frequentare resort esclusivi a migliaia di chilometri di distanza. Per loro, l’impronta ecologica è un “piccolo inconveniente” che si compensa con qualche albero piantato a titolo di marketing.
La staycation è solo un tassello di una strategia più ampia. Prima sono arrivate le “città dei 15 minuti”, vendute come un modo per avere tutto a portata di mano e ridurre le emissioni; in realtà, un sistema per limitare la mobilità, segmentare i quartieri e abituare la popolazione a restare confinata in un raggio predefinito. Poi il martellamento sulla necessità di ridurre i voli aerei “per salvare il pianeta”, mentre i summit climatici si tengono regolarmente in località da sogno raggiunte con flotte di jet.
Il denominatore comune è sempre lo stesso: il sacrificio è per il popolo. Le restrizioni di movimento, il ridimensionamento delle ambizioni, la rinuncia al superfluo vengono presentati come virtù ecologica. Ma chi queste regole le impone non intende minimamente applicarle a sé stesso.
Insomma, dietro la narrazione glamour della staycation si cela una verità scomoda: un mondo dove la libertà di viaggiare e scoprire sarà sempre più un privilegio, non un diritto. E dove l’ambientalismo “dal basso” rischia di diventare l’ennesimo collare invisibile con cui stringere la vita delle persone comuni, mentre in alto, a respirare l’aria di Saint-Tropez, nessuno ha intenzione di restare “a chilometro zero”.